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martedì 30 novembre 2010

25 GIORNI A NATALE

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25 Giorni a Natale,  BENEDETTO IL SIGNORE CHE VIENE...


Questo freddo mi fa proprio bene!", diceva un pupazzo di neve. "È proprio vero che un buon vento pungente fa risuscitare anche i morti! E guarda quel tipo!", diceva, rivolto al sole, che stava tramontando, "Cos'avrà da fissarmi? Beh, non riuscirà a farmi sbattere le palpebre! Continuerò a tenere le tegole aperte, io!" Diceva così perché i suoi occhi erano fatti con due pezzetti di tegola, mentre la bocca era un vecchio rastrello spuntato: per questo si poteva dire anche che avesse i denti. Era nato tra gli "Urrà!" di un gruppo di ragazzi: la sua nascita era stata salutata da squilli di campanelli e schiocchi dei frustini da slitta. Il sole intanto volgeva al tramonto e la luna sorgeva, grande e rotonda nel blu del cielo. "Eccolo lì che rispunta di nuovo", disse il pupazzo, credendo che si trattasse di nuovo del sole. "Ma almeno gliel'ho fatta perdere, la sua abitudine di fissare! Adesso ha una luce che gli basta appena a guardarmi i piedi. Se soltanto potessi andarmene da un'altra parte! Se potessi muovermi, andrei a scivolare sul ghiaccio come quei ragazzi che ho visto! Ma non so come si fa". "Bah! Bah!", guaì il vecchio cane alla catena, rauco come al solito: da un pezzo non era più il cucciolo di casa, sempre nascosto sotto la stufa. "T'insegnerà il sole a correre! Come è successo a quello che c'era prima di te, e a quello prima ancora! Bah! Bah! Uno alla volta se ne sono andati tutti". "Non capisco, amico mio", disse l'uomo di neve. "Quello che sta lì sopra", e indicava la luna, "mi dovrebbe insegnare a correre? È vero che è scappato via quando l'ho guardato dritto negli occhi, ma adesso è spuntato fuori dall'altra parte..." "Non capisci un bel niente", rispose il cane alla catena. "Anche se bisogna ammettere che sei ancora nuovo nuovo!
Quella che tu vedi adesso si chiama luna, quello che se n'è andato era il sole: lui tornerà domani, e vedrai se t'insegnerà a scivolare lungo il fossato. Tra un po' il tempo cambierà, lo so perché la mia zampa sinistra dietro mi dà dei dolori... "Mah, non capisco proprio", disse il pupazzo. "Non so perché, ma sembra quasi che mi voglia dire qualcosa di spiacevole. Neanche quello di prima, che mi fissava e che si chiama sole, neanche lui deve volermi bene, temo". "Bah!", abbaiava il cane alla catena, e dopo essersi rigirato per tre volte, si addormentò nella sua cuccia. Il tempo doveva davvero cambiare. Una nebbia umida e densa arrivò nelle prime ore del mattino e coprì tutta la regione; poi sul far dell'alba cominciò a soffiare il vento: un vento così rigido che il ghiaccio fece subito presa. Ma poi sorse il sole, e, che spettacolo! Tutti gli alberi e le piante erano pieni di brina: sembrava una foresta di perle bianche: tutti i rami sembravano carichi di candidi fiori. Quei piccoli rami sottili e tanto fitti che d'estate non si riescono a vedere, perché le fogli li rivestono interamente, ora si distinguevano tutti, uno ad uno. Era un grande ricamo, così candido e brillante che pareva che da ogni ramo spuntassero diamanti, oppure tante piccole, minuscole candele, ancora più bianche della neve. "Che spettacolo unico al mondo", disse una ragazza, scesa nel giardino insieme a un giovane: si fermarono proprio accanto al pupazzo di neve e si misero a guardare gli alberi luminosi.
"D'estate non esiste uno spettacolo altrettanto bello", disse ancora, mentre gli occhi le brillavano. "Neanche un tipo come quello lo trovi in estate", disse il ragazzo, indicando il pupazzo: "È molto bello!" La ragazza sorrise e fece un inchino davanti all'uomo di neve: poi si mise a ballare col suo amico sulla neve che scricchiolava. "Chi erano quei due?", chiese il pupazzo al cane tenuto alla catena. "Tu, che vivi qui da tanto, li conosci?" "Li conosco sì", rispose il cane. "Lei mi ha fatto una carezza una volta, e lui mi ha dato un osso: quelli lì non li mordo". "Ma che ci fanno qui?" "Sono innamorati!", ringhiò il cane alla catena. "Andranno ad abitare in una cuccia in due, e rosicchieranno gli ossi assieme! Bah!" "Ma due così sono importanti come me e te?", chiese il pupazzo. "Loro sono due padroni!", disse il cane alla catena. "Cosa vuoi saperne tu, che sei nato ieri? Ma io sono anziano e ho un sacco di esperienza: li conosco bene, quelli di casa, dal tempo che non stavo qui al freddo e alla catena! Bah! Bah!" "Cosa c'è di meglio del freddo?", esclamò il pupazzo. "Ma raccontami, dai! Però non trascinare quella catena! Mi fai stridere dentro con quel rumore". "Bah!", abbaiava il cane.
"Un tempo ero un cucciolo, piccolo e morbido, dicevano: e stavo sempre accovacciato su una poltrona di velluto, e il padrone più importante di tutti mi teneva in grembo; tutti mi davano bacetti sulla gola e mi strofinavano le zampine con un fazzoletto; mi chiamavano "amore" e "tesoro"... ma poi divenni troppo grande per queste cose, e loro mi diedero alla governante: così andai a finire al piano terra! Lo puoi vedere anche tu, da lì. Vedi la stanzetta dove facevo da padrone (infatti, vivevo con una serva). Senz'altro avevo meno spazio che al piano di sopra, però stavo anche meglio: avevo un cuscino tutto per me, ma soprattutto c'era una bella stufa, che in una stagione come questa è davvero la cosa migliore del mondo! Mi raggomitolavo lì sotto e nessuno mi vedeva più. Ah, me la sogno ancora, quella stufa lì! Bah!". "Ma è così bella una stufa?", chiese il pupazzo. "Mi somiglia un po'?" "È il tuo esatto contrario: è nera come il carbone, ha un collo allungato e uno sportello di ottone: è così ghiotta di pezzi di legno che il fumo le esce dalla bocca: ma se ci stai vicino, anche sotto, e sentiresti che delizia! Guarda un po' se riesci a vederla, attraverso la finestra. Il pupazzo si guardò attorno finché non vide un oggetto nero, lucido, con uno sportello di ottone; intorno a lui il pavimento sembrava illuminato. Il pupazzo si sentì strano: era una sensazione che non riusciva a spiegarsi: in cuore aveva come una nostalgia che non aveva mai provato, ma che tutti gli uomini conoscono bene, quando non sono fatti di neve. "Ma perché l'hai lasciata?", chiese l'uomo di neve, che aveva deciso che doveva trattarsi di una creatura femminile. "Come hai potuto abbandonare quel posto?" "Sono stato costretto!", disse il cane alla catena. "Mi hanno buttato fuori e mi hanno attaccato qui dopo che mi capitò di mordere il più giovane dei padroni, perché aveva dato un calcio al mio osso: osso per osso... ma loro se la sono avuta a male, e da allora sono qui alla catena, e ho finito per perdere la voce: senti come sono rauco? Bah! E così è finita la mia bella vita d'un tempo". Ma il pupazzo non lo ascoltava più: da un pezzo guardava fisso nella stanza della serva, dove, piantata sulle sue quattro zampe, sorgeva la stufa: più o meno, sembravano avere la stessa altezza. "Che strana sensazione quella che provo! Mi riuscirà mai di incontrarla? È un desiderio innocente, il mio, e i desideri si avverano sempre, quando sono innocenti. È il mio solo desiderio: sarebbe ben ingiusto se non potesse avverarsi! Devo entrare a ogni costo, anche se dovessi spezzare i vetri!" "Bah! Tanto non ci arriverai mai!", disse il cane alla catena; "e poi, se ti ci avvicini sei finito, non lo sai? Bah!" "Già ora non mi sento affatto bene", rispose il pupazzo; "sento una gran voglia di vomitare". Per tutto il giorno il pupazzo rimase a guardare la finestra: alla luce del tramonto la stanza sembrò diventare ancora più accogliente: la stufa emanava un bagliore dolcissimo, più dolce di quello della luna, e anche di quello del sole: dolce come può esserlo soltanto il bagliore di una stufa, quando è piena. Se qualcuno apriva lo sportello, ne usciva una fiammella: era una sua abitudine: e una di quelle fiamme sembrò penetrare proprio il petto del pupazzo di neve. "Non resisto", diceva lui. "Com'è carina, quando mette fuori la lingua". Quella notte fu lunghissima, ma non per il pupazzo: egli era assorto nei suoi pensieri, che congelandosi scricchiolavano. All'alba i vetri alle finestre erano coperti coi più splendidi fiori di ghiaccio che un pupazzo di neve potesse desiderare: ma essi gli nascondevano la vista della stufa! Non l'avrebbe potuta vedere, finché il ghiaccio alla finestra non si fosse sciolto. Tutt'intorno si sentiva crepitare e scricchiolare: che freddo rigido! Il tempo migliore per un pupazzo di neve: eppure lui non era contento. Gli mancava la stufa. "Che brutta malattia per un pupazzo!", diceva il cane alla catena. "L'ho avuta anch'io: ma ormai l'ho superata. Bah! Tra un po' cambierà il tempo!" E infatti in breve arrivò un vento tiepido, che iniziò a sciogliere la neve. Più il vento soffiava, più il pupazzo diventava piccolo. Lui non disse niente, non si lamentò nemmeno, e questo era proprio il segno della fine. Poco tempo dopo crollò. Al suo posto restò qualcosa che sembrava un manico di scopa dritto nell'aria: i ragazzi lo avevano piantato affinché si reggesse meglio in piedi. "Adesso capisco cos'era la sua nostalgia!", disse il cane alla catena; "quel pupazzo aveva in corpo uno spazzolone per stufe! Ecco cos'era che lo turbava tanto! Bah! Ma ora è tutto finito". Anche l'inverno ormai era agli sgoccioli. "Bah!", diceva il cane, ma intanto le bambine nel giardino cantavano:"Bel mughetto, da bravo, esci fuori,vedi che al salice spuntan già i fiori? Se non è marzo, qui è già primavera, Senti gli uccelli cantare alla sera! E insieme a loro io canto: Cucù, Fratello Sole, vien fuori anche tu!
"E al pupazzo di neve, chi ci pensava più?
                                                                Andersen




domenica 28 novembre 2010

GOVERNO

Il termine governo (dal verbo latino gubernare, 'reggere il timone',


   "Timone"  questa bellissima fotografia è stata scattata da Giuseppe Storiano in Sardegna, quest'anno.

a sua volta derivato dal greco kybernán) è utilizzato nel linguaggio giuridico e politologico con vari significati.

MAH?...  io oggi ri-governo

martedì 23 novembre 2010

INVERNO TIEPIDO, MUCCHE AL PASCOLO


In realtà questa è una foto che ho fatto in Irlanda nel mese di settembre, comunque per me è stato molto strano vedere mucche al pascolo a fine novembre, tutto cambia...

a proposito di  mucche  (clicca su mucche) ...

lunedì 22 novembre 2010

IL PARCO DELL'EX OSPEDALE PSICHIATRICO

Dai cittadini di Collegno è chiamato “il parco dell'ex Ospedale Psichiatrico” poiché fino agli anni ottanta il parco, che si estende per un'area di circa 400.000 mq, ospitava diverse palazzine adibite ad Ospedale.
Quattro di queste palazzine che gli operatori chiamavano “Ville”  ospitavano degli ammalati psichiatrici a pagamento, le altre  invece  tutti  gli altri ammalati di mente, ma non a pagamento.


Io sono nata a Collegno,  sin da piccola mi interessava molto l'argomento "Manicomio", si sa però che con i bimbi non si parla di queste cose, quindi mi immaginavo uomini con giacca da Napoleone e la mano destra infilata sotto, all'altezza del cuore e con grandi scolapasta in testa.



In realtà il parco si chiamerebbe “Parco della Certosa” o meglio, questo era il suo unico nome  prima che venisse intitolato in parte al Generale Dalla Chiesa e suddiviso in altre aree di cui presto scriverò.



continua...

CON ALTI E BASSI E COLORI DIVERSI L'INVERNO CONTINUA


La natura si addormenta su di un letto verde...


...  continua ...

foto da me scattata nel parco dell'ex Ospedale psichiatrico di Collegno

al mattino si veste di sole


... continua ...

sabato 20 novembre 2010

FAVOLA


 




In una favola eziologica, Esopo spiega il perché della curiosità del gabbiano.


Un pipistrello, un rovo e un gabbiano, avendo stretto alleanza, decisero di vivere un’esperienza commerciale.


Dunque, il pipistrello, ottenuto in prestito il denaro, lo mise in società, il rovo prese con sé dei vestiti e il terzo, il gabbiano, il rame; e si misero a navigare.
Poichè ci fu una violenta tempesta e la nave affondò, essi stessi, avendo perso tutto, furono portati in salvo a terra.


Da allora il gabbiano presidia sempre gli scogli, (nel caso che) il mare restituisca il rame; il pipistrello, temendo i creditori, non si fa più vedere di giorno ed esce di notte per mangiare; il rovo si attacca ai vestiti dei passanti per capire se riconosce la stoffa.


La favola insegna che noi ritorniamo sempre alle cose che ci interessano.



giovedì 18 novembre 2010

PAGINA INTERVALLO

Gli ultimi quindici giorni di novembre per me sono pazzeschi, tutto un fervore di preparativi per feste di compleanno, ho un sacco di amiche, cugine ed un cugino (praticamente una famiglia di scorpioni).


Ci sono poi le stesure di tutto ciò che si deve preparare per il Santo Natale ed i mercatini di beneficenza correlati.


Quindi ho preso la decisione  di fare un bel copia incolla di un mese d'estate preso dal mio blog abbandonato.
Lo considero un intervallo tra una pausa e l'altra...


Questa è la pagina di benvenuto, mi piace pensare che quella bimba potrei essere io, adoro le conchiglie ed i castelli di sabbia, per non parlare de fari...


lunedì 15 novembre 2010

CUCINA D'AUTUNNO - IL TAMARINDO E LA SALSA WORCESTER

 La salsa Worcester...    ma lo sapevate che si può fare in casa?


       IL TAMARINDO
                                                                                       QUESTO SCONOSCIUTO
Queste fotografie risalgono all'autunno del 2007 cioè alla data in cui  ho scoperto il tamarindo.
Sin da piccola a casa della mia nonna Emilia,  ho bevuto una bevanda dissetante "il tamarindo" mescolato all'acqua, buonissimo!Ma da quale posto strano arriva questa bevanda dissetante?


A volte non ti chiedi da dove arrivano le cose ???

E' un pò come quando accendi la luce, sì, pigi sull'interruttore e si accende, ma la luce non nasce dall'interruttore. 

Così 3 anni fa scopro da cosa nasce lo sciroppo della nonna e poco dopo, provo a cimentarmi con la ricetta della salsa Worcester che non nasce dalla famosa bottiglietta...

RICETTINA
2 cucchiai di tutto questo:
olio d'oliva, scalogno tritato, aglio tritato, acciughe tritate, salsa di pomodoro, pepe nero, zenzero tritato;
3 cucchiai di:
pasta di tamarindo
4 cucchiai di: 
sciroppo di mais scuro  (si trova nei negozi bio)
8 cucchiai di:
melassa (si trova nei negozi bio)

Pezzi: 2 chiodi di garofano - 1 limone ed 1 lime affettati sottilmente

ml: 750 ml di aceto bianco - 250 ml  di birra scura - 120 ml  di succo d'arancia .500 ml  di acqua

Ed ora rimbocchiamoci le maniche...

In una pentola mettere l'olio e soffriggere lo scalogno tritato per qualche minuto.
Aggiungere la pasta di tamarindo, l'aglio, lo zenzero e cuocere a fuoco basso per per altri cinque minuti.
Aggiungere quindi le acciughe, la salsa di pomodoro, i chiodi di garofano, il pepe, lo sciroppo di mais, la melassa, l'aceto bianco, la birra scura, il succo d'arancia, l' acqua, il limone e il lime affettati.
Far cuocere a fuoco molto basso, mescolando di tanto in tanto, per circa 3 ore.
Filtrare con una garza e mettere in bottigliette di vetro.
La salsa è buona sia consumata subito, che dopo 6 mesi o 1 anno.

info Salsa: la salsa Worcester fu commissionata a due farmacisti  (John Lea e William Perrins) da un senatore Inglese che aveva vissuto nel Bengala. La ricetta originale non è mai cambiata, dal  1835. Loro la lasciano riposare almeno 3 anni. 
info Tamarindo:  gli Arabi conoscono da secoli il tamarindo: etimologicamente, infatti, tamarindo deriva dall’arabo “tamara hindi” (tamar vuol dire dattero).

ALBERO DEL TAMARINDO
(troppo bello)
Foglie di Tamarindo (foto www.agraria.org - Collezione storica Istituto Tecnico Agrario Firenze)

mercoledì 10 novembre 2010

11 novembre San Martino, protettore dei campanari


i Francesi hanno subito variato il nome, questa è comunque... SAN MARTINO CAMPANARO!!!

                                                                                                                                                                                                        Oggi... 
San Martino Campanaro, dormi tu dormi tu,
suona le campane, suona le campane   din, don, dan

Filastrocca cantata che va in un crescendo di tonalità ed a tempi concordati iniziando un cantore dopo l'altro crea un bellissimo effetto, questo modo di cantare si chiama "a canone"

Ma ora passiamo ai protetti di San Martino...


Impressionanti questi campanari...  da Collepardo in provincia di Frosinone.

si avvicina l'estate di San Martino


Con questa magnifica fotografia Monica ha vinto il 2° premio del concorso fotografico denominato "Le Langhe in autunno" E' un magnifico multistrato che inizia dalle zolle, il chabot, alberi di tutti i colori ed altezze, i fumi dei falò, le colline coltivate ed in alto i paesi e poi tante nuvole, montagne e poi ancora nuvole  !


E' una delle date più famose e popolari, quella dell'11 Novembre, in quanto è legata alla celebre "Estate di San Martino", un periodo di clima mite che interrompe la discesa verso l'Inverno.
L'estate di San Martino è legata alla leggenda del Santo, che divise in due un mantello per coprire un povero mendicante nudo e freddoloso.

Il Signore "ricompensò" il Santo inviando un clima mite e temperato quando oramai esso volgeva al freddo dell'Inverno incipiente.
Il Santo, di origine ungherese, visse nel corso del IV Secolo dopo Cristo e fondò il primo monastero databile in Europa.

Giovedì prossimo, 11 novembre, è la Festa di San Martino, vescovo di Tours nel IV secolo, uno dei santi più celebri fin dal Medioevo perché a lui sono connessi tanti detti, proverbi, riti, usanze e tradizioni gastronomiche in molti luoghi dell'Europa.


Patrono di Belluno, è venerato in tutta l'Italia dove visse in varie città: da bambino, a Pavia, perché suo padre militare vi era stato trasferito; poi, ormai monaco, in un eremo alle porte di Milano; e infine sull'isola Gallinara in Liguria prima di trasferirsi definitivamente nelle Gallie dove morì ottantenne l'11 novembre dell'anno 397.


Il Santo, di origine ungherese, visse nel corso del IV Secolo dopo Cristo, fu Vescovo di Tours, e fondò il primo monastero databile in Europa.
Per la sua opera di evangelizzazione, fu popolarissimo in tutta Europa, e poi nelle Americhe, dove migliaia di villaggi e paesi portano il suo nome.
Non è chiaro quando sia nata la leggenda del mantello, né quando sia stata associata dalla memoria popolare e contadina al periodo di bel tempo che spesso insorge nel corso della seconda decade del mese di Novembre.
E' probabile che risalga a tempi antichissimi, di poco seguente alla morte del Santo, e che si sia diffusa poi rapidamente in tutta Europa, tanto che l'"Estate di San Martino" è conosciuta praticamente ovunque, e perfino negli Stati Uniti, dove questo periodo di intervallo di bel tempo viene definita "Estate Indiana".

Cosa significa fare San Martino:
equivale a far su fagotto, sloggiare ossia cambiare casa, paese, città, posto di lavoro, andarsene insomma, affrontando le inevitabili conseguenze, il disagio, il trambusto ed una probabile sofferenza, conseguente ad ogni mutamento di vita.

Proverbi:
“per San Martino spilla la botte del buon ..."
"a San Martino la si porta al mulino..."
"fino a San Martino sta meglio il grano vino”.

"l' estate di San Martino dura tre gioni e un pocolino..."
"a San Martino si veste il grande e il piccolino"
 






lunedì 8 novembre 2010

Fiocchetti di nuvole



Avete mai guardato il cielo quando è cosparso di tanti fiocchetti di nuvole? Non sempre sono nuvole, qualche volta potrebbero essere matassine di seta bianca, avanzate da qualche lavoro di cucito...



tratto da: La leggenda delle api operaie

giovedì 4 novembre 2010

Novembre, lavori di giardinaggio

maggio 2010 nascevano i primi fiori di Gladys, clematide bianca con venature color lilla metallizzato

Clematide
Pianta rampicante della famiglia delle ranuncolacee, dai fiori vistosi e colorati. In Inghilterra i suoi fiori sono considerati di buon augurio per chi si mette in viaggio, infatti il suo nome in inglese è "traveller's joy" (gioia del viandante)

 
Leggende
Si narra che un tempo l'usignolo non cantasse di notte. Una sera si posò per riposare vicino ad una Clematide. La pianta, velocissima nella sua crescita, durante la notte intrappolò tra i suoi viticci le zampine dell'usignolo che, al mattino, dovette faticare per liberarsi. Da quel giorno l'usignolo canta sempre di notte e rimane sveglio per ricordare questa brutta esperienza e non addormentarsi.

Oggi avrei voluto preparare per l'inverno le mie clematis e qual'è stata la sorpresa...



non 1 ma ben 2 fiori mi regala la mia Gladis, nonostante l'abbassarsi della temperatura sia diurna che notturna...

martedì 2 novembre 2010

CERCHI DI GRANO O BALLE DI PAGLIA?

Chapeau a chiunque l’abbia fatti!


che dire?


La mia amica Elena che  è stata a Poirino ha detto:

Oggi mi sono recata a Poirino (To) a vedere il “cerchio nel grano”… stupefacente!!! Devo smentire il Sig. Francesco Grassi del video di You Tube: le forme create non sono “semplice grano ABBASSATO” ma è LETTERALMENTE “TRITATO”!!! non esistono residui intorno, risulta tutto pulito! Le spighe non ci sono più e rimane a terra solo uno sbricciolamento di paglia tutto allineato nella stessa direzione… NON PUO’ ASSOLUTAMENTE AVERLO FATTO L’ESSERE UMANO… inoltre dalle stalle vicine gli allevatori confermano che le mucche (specie i vitelli) hanno muggito tutta la notte… chissà perchè! Ma se fosse stato l’uomo perchè allora non continuano ad essere spaventate e a muggire visto e considerato che il territorio è pieno di visitatori e auto??? All’interno del cerchio si respira pura energia…
Ritengo che questi “segni” vogliano significare la presenza di forze “amiche” superiori che ci stanno vicine, ci sono amiche, ci vogliono proteggere e guidare… non si spiegherebbe perchè il cerchio di grano più grande d’Italia si sia presentato nei pressi di TORINO… capitale (con Lione ed Amsterdam) della “Magia nera”.
Viviamo in un periodo “speciale”:
- il calendario dei Maya
- la Bibbia (Matteo 24:14)
- Nostradamus

Tutti dichiarano che stiamo vivendo negli ultimi giorni di questo “sistema di cose” forse… le “forze superiori” che producono i “cerchi di grano”   ci vogliono aiutare!




Inserisco il video di Francesco Grassi, anche se,  pur non essendo completamente d'accordo con Elena, non capisco il Signor Grassi che con altre 2 persone ci ha messo 3 ore e più per fare il suo cerchio...
Come fa a non comprendere quanto  tempo ci sarebbe voluto e quanta precisione, per farne uno come quello fotografato a Poirino?





Non so che dire, queste cose però mi incuriosiscono parecchio anche perchè io sono una che crede a tutto... ma non crede a nulla, della serie: perchè non credere? potrebbe essere vero... (anche il fuoco sembrava stregoneria) nel contempo mi chiedo: perchè c'è tanta gente pronta a smontare la storia dei cerchi?   Per paura forse?
Ma se non esistono, perchè averne paura...

Le bellissime balle di paglia qui sotto le ho fotografate nelle campagne vicino ad Osimo, molto più terra-terra ma che fascino, stagliate come un muro verso il cielo; quel cielo che ancora tante cose ci deve raccontare...
meditiamo...